La Libera circolazione, oltre le emozioni e le percezioni

di Peter Schiesser | Mai 2018
La libera circolazione delle persone solleva da sempre grandi emozioni in Ticino L'Aula di politica estera organizzata dall'ASPE assieme a Numes a Lugano è stata un'occasione per presentare dati concreti, benché anche questi possano trovare interpretazioni diverse.

Alla serata hanno partecipato la Segretaria di Stato e direttrice della SECO Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, il delegato per le relazioni esterne della Camera di commercio del canton Ticino Michele Rossi (già membro della delegazione svizzera che negli anni Novanta negoziò a Bruxelles l'accordo sulla libera circolazione delle persone), il consigliere nazionale UDC Marco Chiesa (dal 2018 anche vice-presidente dell'UDC nazionale e dell'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente), e il sindacalista Renzo Ambrosetti, in passato presidente della FLMO e co-presidente di UNIA.

Il messaggio della Segretaria di Stato è stato chiaro: la libera circolazione ha fatto bene all'economia elvetica: aiuta a contrastare la carenza di personale qualificato, dal 2002-2016 il PIL è aumentato del 29%, quello pro capite del 12%, pari alla crescita dei salari, il tasso di occupazione è aumentato del 22% superando l'aumento della popolazione (15%). Occorre però monitorare la situazione, analizzare le ripercussioni sull'immigrazione, sul mercato del lavoro, sui sistemi di sicurezza sociale. Ma soprattutto, ha sottolineato Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, bisogna assicurare che i lavoratori siano protetti in modo efficace e garantire condizioni pari alle ditte locali e straniere. Lo strumento sono le misure di accompagnamento, entrate in vigore il 1. luglio del 2004 e costantemente rafforzate e adeguate alle nuove sfide: oggi ci sono più controlli e sono state introdotte sanzioni più severe. Tutte le regioni e tutti i settori economici sono sottoposti a controlli: nel 2016 è stato verificato il rispetto delle condizioni di lavoro e salariali presso 164mila persone e 42mila aziende in Svizzera. E proprio in Ticino c'è il maggior numero di controlli: in Svizzera nel 2016 i controlli hanno riguardato il 36% dei lavoratori distaccati, in Ticino il 45%, quelli sui lavoratori indipendenti il 32% in Svizzera e il 42% in Ticino. In totale nel 2016 è stato controllato il 7% delle imprese in Svizzera e il 17% in Ticino.

La libera circolazione funziona, afferma la Segretaria di Stato, ma soprattutto una denuncia di quest'accordo avrebbe conseguenze importanti: a causa della clausola ghigliottina, verrebbe a cadere l'intero primo pacchetto di accordi bilaterali, con gravi conseguenze sul prodotto interno lordo. Per fortuna nel dicembre del 2016 le Camere federali hanno trovato una soluzione per l'attuazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa che è compatibile con il principio della libera circolazione. Ma per garantire la via bilaterale, ha concluso la direttrice della SECO, è auspicabile disciplinare le questioni istituzionali in sospeso con l'UE.

L'economia ticinese è cresciuta, la disoccupazione calata

Michele Rossi, ricordando che in Ticino la discussione sulla libera circolazione è molto emotiva, ha voluto portare due messaggi: per comprendere una situazione bisogna partire dai fatti; e per avere delle risposte corrette dobbiamo formulare delle domande precise. Secondo uno studio della SECO in Ticino abbiamo avuto il maggior aumento dei salari in tutta la Svizzera , dal 2006 al 2016 c'è stato un aumento di 42 mila posti di lavoro, dal 2007 al 2017 un incremento di 33 mila impieghi nel settore terziario. Considerato che nel 2017 in Ticino si contavano 65mila frontalieri (42mila nel 2007) e che in questi anni il numero di frontalieri attivi nel settore terziario è aumentato da 21'500 mila a 41mila, risulta che nel terziario c'è un saldo positivo di 13'500 posti di lavoro andati a vantaggio dei residenti – un dato, lamenta Michele Rossi, che in Ticino viene sottaciuto. Rossi ha voluto sfatare il mito che i frontalieri sono entrati in forze nel settore bancario e finanziario: l'aumento è di sole 215 unità. Inoltre, Rossi ha contestato l'affermazione secondo cui i giovani e gli over 50 faticano ad entrare nel mondo del lavoro: la disoccupazione giovanile è scesa dal 6.4% nel 2008 al 4.8% nel 2018; quella fra gli over 50 dal 4.3% al 3.7%.

Anche il consigliere nazionale UDC Marco Chiesa ha voluto sfatare dei miti, in questo caso quelli degli europeisti: Jean-Pascal Delamuraz il 6 dicembre 1992, dopo il no allo Spazio economico europeo, preconizzava un futuro funesto per la Svizzera? Abbiamo avuto gli accordi bilaterali e la Svizzera sta bene; L'UDC è populista se chiede l'abolizione della clausola ghigliottina? Anche la presidente del PLR Petra Gössi si è recentemente espressa in questo senso. Ma soprattutto la tesi di Marco Chiesa è stata: dal 1986 al 2008 era in vigore la priorità indigena e funzionava meglio della libera circolazione, che ci ha portato 550mila persone in più dall'UE – quando il Consiglio federale prevedeva invece un saldo migratorio di sole 10mila persone all'anno. Per cui, visto che il risultato della votazione popolare del 9 febbraio 2014 non è stato rispettato, all'UDC e all'ASNI non è restato che lanciare una nuova iniziativa popolare per l'abolizione della libera circolazione. Alla libera circolazione Marco Chiesa imputa poi il fatto che ci sia dumping salariale, essendo stato necessario istituire in Ticino 17 contratti normali di lavoro per farvi fronte.

Ma anche Marco Chiesa ha voluto presentare dati concreti: per la prima volta nel 2017 le persone straniere (residenti e frontalieri) occupate in Ticino hanno superato quelle svizzere, e se nel 2004 si contavano 8400 sotto-occupati oggi siamo a 18'400, il 38% dei giovani che si formano con un tirocinio restano senza lavoro (media nazionale 19%), mentre le persone in assistenza in Ticino sono passate da 4300 (2009) a 8000 (2018), contemporaneamente il rischio di povertà in Ticino è passato dal 23,1% al 31%. Tutti effetti che Marco Chiesa imputa alla libera circolazione, senza però riuscire a fornire argomentazioni decisive. Michele Rossi gli ha per esempio risposto che “con il 2,8% della popolazione in assistenza siamo al di sotto della media svizzera, che è al 3,3%. Inoltre, le cifre sull'assistenza comprendono anche i famigliari: delle 8000 persone, 2000 sono figli, dei 5-6000 che restano in assistenza, le persone collocabili sono 2-3000”.

Consapevole che la libera circolazione accende gli animi anche all'interno del sindacato e considerato che l'industria svizzera esporta il 53% della produzione in Europa, Renzo Ambrosetti ha sottolineato la posizione chiara dei sindacati: rapporti corretti con l'UE, misure di protezione delle condizioni di lavoro (che all'estero ci invidiano) e niente discriminazioni fra lavoratori indigeni e stranieri: “Malgrado i problemi, la via bilaterale è un successo e i nostri giovani hanno la possibilità di muoversi e formarsi all'estero, senza dimenticare che ci sono 450mila cittadini elvetici che abitano in Europa, per cui avere rapporti corretti con l'UE torna a loro vantaggio”.

È vero, la situazione ticinese è particolare, ha ricordato Ambrosetti, la pressione sui salari e sulle condizioni di lavoro è notevole, data la vicinanza con l'Italia. Ma il Ticino si è mosso presto: già nel 2000 ha potenziato le commissioni paritetiche e oggi il Ticino è il cantone che controlla di più, “perché se non si controlla non si scoprono gli abusi”.

Il sistema dei contingenti non è più adatto

Nella discussione finale, è emerso che oggi il sistema dei contingenti – come si è espressa la direttrice della SECO - “non è più adatto alle esigenze dell'economia: l'immigrazione dall'UE segue la congiuntura. Inoltre, anche in passato, i contingenti stagionali superavano le 100mila unità all'anno e chi rimaneva in Svizzera erano spesso persone non qualificate. Con la libera circolazione vengono persone molto qualificate”.

Ma perché i ticinesi continuano a credere che l'economia cantonale va male? Michele Rossi risponde: “perché da 20 anni ci dicono che stiamo male”. Mentre a Marco Chiesa che cita lo studio di Fabio B. Losa («Libera circolazione: gioie o dolori?») sull'effetto sostitutivo che induce la libera circolazione, la Segretaria di Stato risponde “ci sarà in certi casi ma a livello nazionale non c'è una tendenza in tal senso”. Renzo Ambrosetti ha rimarcato che sostituire lavoratori residenti con stranieri “è più facile dove non ci sono contratti collettivi di lavoro che impongono stesse condizioni salariali per tutti” (Marco Chiesa, smarcandosi dalle posizioni del suo partito, concorda con Ambrosetti sui CCL). Tuttavia, secondo Ambrosetti, oggi il mondo padronale è meno disposto a contrattare, la liberalizzazione ha minato la solidarietà.

È però chiaro che gli effetti negativi della libera circolazione non vanno sottaciuti; come ha detto Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch: “dobbiamo occuparci dei residenti, della loro formazione, più donne devono entrare nel mondo del lavoro, dobbiamo fare di più”.

E il rischio che corrono gli accordi bilaterali se la Svizzera rifiuta la libera circolazione? Secondo Marco Chiesa “abbiamo degli atout da giocare. Bisogna avere il coraggio di andare a negoziare a Bruxelles”. Un'affermazione che Michele Rossi ha contestato: “chi ha negoziato sa che non è così. Negli anni Novanta abbiamo negoziato con 15 Stati, domani sarebbero 27-28 Stati, vi lascio indovinare la difficoltà. Bruxelles non è disposta a rinegoziare l'accordo sulla libera circolazione e non farà concessioni alla Svizzera prima di aver definito il suo rapporto con Londra, non vuole creare precedenti. Oggi siamo ostaggio della Brexit”.