Kolumne

Per una nuova governanza dei rapporti Svizzera-Italia

di Remigio Ratti | Aprile
Le divergenti traiettorie di sviluppo sorte nella Regio Insubrica con la crisi economica del 2008 hanno portato alla luce la necessità di creare nuove strutture transfrontaliere; in gioco ci sono equilibri interni, regionali e sovranazionali.

La politica di collaborazione transfrontaliera-prende forma a sud delle Alpi solo nel 1995 con la costituzione della Comunità di lavoro Regio Insubrica. La Regio copre in pratica la regione dei laghi prealpini, la parte settentrionale dell'Insubria, l'area insediata tra il V-VI secolo A.C. da una popolazione celtica, con capitale Mediolanum.

La Regio Insubrica comprende il Cantone Ticino (350'000 abitanti) e le province italiane di Como (600'000 abitanti; di cui 85'000 nel capoluogo confinante con Chiasso), Varese (890'000 abitanti, di cui 80'000 nel capoluogo) e del Verbano Cusio Ossola (160'000 ab.). Nel 2007 si sono aggiunte le province di Lecco (340'000 ab.) e di Novara (375'000 ab.).

Dopo un buon inizio ispirato a quello della Regio Basiliensis, la Regio incontra serie difficoltà quando a partire dalla crisi 2008 le traiettorie di sviluppo delle singole entità territoriali cominciano a divergere. Se fino allora la disoccupazione era a livelli simili, quella delle province italiane sale rapidamente e supera il 10%, con valori più che raddoppiati per i giovani, anche accademici. Facilitati dalla liberalizzazione dell'impiego connessa con i trattati bilaterali CH-UE, il numero dei frontalieri attivi in territorio svizzero raddoppia a oltre 60'000 unità andati soprattutto a toccare anche il settore terziario e i posti meglio remunerati dei residenti.

La crisi nei rapporti tra Ticino e Lombardia ha reso incerta la vita della Comunità di lavoro Regio Insubrica, costretta, nel 2015, a definire una nuova Dichiarazione d'intenti
Le tensioni riguardano le regole di discrezione bancaria, la fiscalità (accordo di doppia imposizione; denuncia del ristorno del 38.8% dei prelievi alla fonte sui salari dei frontalieri) e le conseguenze dell'apprezzamento del franco svizzero (dumping salariale; imprese distaccate; acquisti oltre frontiera). Non a caso nel 2013 l'Ambasciatore svizzero a Roma Bernardino Regazzoni sente il bisogno di creare un «Forum per il dialogo tra l'Italia e la Svizzera», con incontri annuali tra esperti secondo il modello Chatham House Rule, quindi in parte a porte chiuse.

L'impasse, ampliata dalle relative percezioni sociali e politiche, sembrava sul punto di far cadere la Regio quando a fine 2015 un'Assemblea straordinaria definisce una nuova Dichiarazione d'intenti, piuttosto a carattere verticistico, con la designazione di un ufficio presidenziale comprendente addirittura, con il Presidente del Cantone, quelli delle Regioni Lombardia e Piemonte. Il salvataggio mostra come i problemi di vicinato siano sovrastati da problematiche istituzionali e sistemiche di livello superiore. Questo nonostante i programmi europei INTERREG che, al contrario, hanno visto le forze della società civile identificare numerosi ambiti di collaborazione, sia pur apparentemente frammentati.

Se è poco probabile che la situazione alla frontiera italo-svizzera si modifichi a breve-medio termine, appare altresì sempre più evidente la necessità di una convergenza strutturale nei processi d'organizzazione territoriale, sociale ed economica della Regione dei Tre Laghi. Soprattutto occorre trovare un costruttivo equilibrio sia con le dinamiche del grande spazio metropolitano lombardo sia con quelle al nord delle Alpi. Si tratta di una governanza che coinvolge anche i rapporti tra Svizzera e UE e il nuovo processo di costruzione europea. Da questo «campo di forze» dipenderà la collaborazione bilaterale Italia-Svizzera e subordinatamente quella dei Cantoni con le istituzioni limitrofe.

La cooperazione transfrontaliera all'interno della Regio Insubrica richiede una governanza ripensata, con nuovi attori istituzionali e con nuove forme di cooperazione tra pubblico e privato
Tuttavia la cooperazione transfrontaliera a livello insubrico sarà sempre più da affrontare tenendo conto della sua collocazione e organizzazione territoriale quale cuneo svizzero della grande area metropolitana milanese. Se le divergenze di costo della vita e di salario dovessero continuare a crescere non escluderemmo – per salvaguardare il quadro generale di apertura e di integrazione – la creazione di Aree Transfrontaliere Economico-Produttive Speciali entro le quali armonizzare e stabilizzare le regole di sviluppo.

La necessità è quindi quella di una governanza ripensata: con nuovi attori e in cooperazioni tra pubblico e privato, ispirate a nuove formule di ingegneria progettuale. Saranno infatti i progetti innovatori – unitamente a regole del gioco non frustranti (muri reali o ipotetici; divieti; misure discriminanti o percepite come tali) ma incitative – per dare slancio a un futuro di cooperazione transfrontaliera e sviluppo durevole a sud delle Alpi. Non si tratta solo di un tema regionale, ma di un obiettivo di valenza nazionale, per gli equilibri nelle relazioni interne (coesione) e macro-regionali esterne.

Prof. dr rer.pol.; Presidente di Coscienza Svizzera. Il prof. Remigio Ratti è autore del capitolo «Italienisch-Schweizerische Nachbarschaft» del recente libro dell'ex ambasciatore Benedikt von Tscharner «Schweizer Europa-Brevier, Wieviel Europa braucht die Schweiz», questo contributo ne fa diretto riferimento.