Editorial

Rapporti Svizzera – UE: L’incognita ticinese

di Peter Schiesser, Vicepresidente dell'ASPE | Februar 2017
Un'iniziativa popolare approvata dai ticinesi il 25 settembre 2016 potrebbe creare nuove difficoltà nelle relazioni tra Berna e Bruxelles, è dunque importante che a nord delle Alpi si osservi con attenzione quanto avviene in Ticino.

Le forze europeiste tirano un sospiro di sollievo, dopo che le Camere federali a dicembre hanno approvato la nuova legge per la gestione dell'immigrazione: la preferenza indigena, uno dei principi contenuti nell'iniziativa popolare del 9 febbraio 2014 contro l'immigrazione di massa, risulta molto annacquata, di contingenti e di tetti massimi di immigrati non si parla più. I segnali da Bruxelles sono incoraggianti: la legge sembra compatibile con la libera circolazione delle persone. Se il referendum annunciato non dovesse riuscire, o essere bocciato in votazione popolare, le relazioni con l'Unione europea potrebbero rassenerarsi e aprirsi a nuovi sviluppi. Ma c'è una mina vagante che proviene dal Ticino: si chiama «Prima i nostri», un'iniziativa popolare cantonale approvata il 25 settembre 2016.

«Prima i nostri» era stata lanciata nell'aprile del 2014 dall'Unione democratica di centro. Obiettivo: iscrivere nella Costituzione ticinese i principi dell'iniziativa federale del 9 febbraio 2014 contro l'immigrazione di massa. Con una differenza: se l'iniziativa del 9 febbraio 2014 mira a ridurre l'immigrazione, in Ticino «Prima i nostri» prende di mira i frontalieri (circa 60 mila, che occupano un quarto dei posti di lavoro) e meno quel 25 per cento di stranieri residenti nel cantone. L'UDC poteva così profilarsi su un terreno che in passato era appannaggio della Lega dei Ticinesi.

Quale legge aspettarsi?
L'iniziativa popolare ha ottenuto il 58,3 per cento di consensi, in linea con i risultati di tutte le votazioni sulla politica europea dal 2000 ad oggi, che in Ticino sono state bocciate in misura di 2 votanti contro 1. Ed ora il Gran Consiglio ticinese deve preparare una legge di attuazione dell'iniziativa. Ma il compito si annuncia più difficile di quello assolto dalle Camere federali, considerato che già la nascita della Commissione parlamentare che dovrà elaborare la legge di applicazione è avvenuta in un clima di confusione: come trovare un equilibrio fra gli umori della maggioranza della popolazione, le esigenze dell'economia ticinese e il cammino indicato dalle Camere federali? Nel parlamento cantonale UDC e Lega dei Ticinesi non hanno la maggioranza, teoricamente potrebbe quindi vedere la luce una legge che rispetti la libera circolazione delle persone. Ma non va sottovalutato il fatto che in Ticino da alcuni anni il pensiero dominante è quello leghista: il rispetto della volontà popolare potrebbe indurre una maggioranza di parlamentari a varare delle misure in contrasto con quanto Bruxelles potrebbe accettare. In questo caso, addio alla pace ritrovata con l'Unione europea!

È quindi importante che a nord delle Alpi si prenda coscienza di quanto sta avvenendo in Ticino. Questa modifica della Costituzione del canton Ticino deve essere approvata dalle Camere federali, che hanno quindi la responsabilità di valutare attentamente il testo, prima di avallarlo. Poiché l'iniziativa ticinese ricalca i contenuti dell'iniziativa federale del 9 febbraio, non sarà facile per i deputati federali trovare degli argomenti per negarne la costituzionalità. Ma occorrerà che il Consiglio federale non si faccia sorprendere da decisioni ticinesi che riaprano un conflitto con l'Unione europea.

La società ticinese è cambiata
Altrettanto importante è che a nord delle Alpi si capisca come in questi anni si è trasformata la società ticinese, come oggi ragiona politicamente, dove stanno le divisioni politiche e sociali. L'analisi della votazione su «Prima i nostri» pubblicata il 20 gennaio dall'Osservatorio della vita politica regionale dell'Università di Losanna, condotto dal politologo ticinese Oscar Mazzoleni, conferma quanto si osserva da tempo: a votare contro l'Europa sono gli elettori della Lega e dell'UDC, ma anche molte persone senza appartenenza politica, sono persone in prevalenza con un basso grado di istruzione e formazione professionale che non hanno fiducia nei politici e nei governi cantonale e federale, che hanno un'opinione negativa di come sta andando l'economia ticinese e svizzera. Votano invece in favore di un'apertura economica del Ticino esponenti del centro e della sinistra, chi ha fiducia nelle istituzioni e ritiene positivo l'andamento dell'economia ticinese e quella svizzera. Il problema è che i secondi sono oggi in minoranza. In Ticino prevalgono quindi i timori e lo scetticismo verso l'Unione europea e verso la globalizzazione. Non sempre a torto, purtroppo spesso con toni populisti. È nell'interesse della Svizzera intera di capire l'umore dei ticinesi, le loro preoccupazioni, i problemi reali – non per avallare le chiusure verso l'Europa, ma per contribuire a superarle con spirito federalista.